“Ricordo il primo lancio col paracadute, a Pisa: eravamo affacciati dal portellone di un C-119, “Il vagone volante”. In cielo, a 500-600 metri d'altezza, prima di buttarci, Luciano si gira e mi fa: “Gigi, e se non si apre?”. (Luigi Martini) Un uragano biondo, travolgente: in campo un vulcano di dinamismo e intensità, un centrocampista all'olandese nella Lazio di Tommaso Maestrelli campione d'Italia 1974. Fuori dal campo una delle anime più forti e riconoscibili di uno spogliatoio spaccato anche fisicamente: lui fa parte della fazione di Gigi Martini e Mario Frustalupi, in fermissima opposizione a quella di Pino Wilson e Giorgio Chinaglia; e come tutti i calciatori del mondo, anche Luciano Re Cecconi ha mille soprannomi. Il più immediato è “Cecco”, la contrazione del cognome, che nella fantasia del giornalista del Corriere della Sera Franco Melli diventa “Cecco-Netzer”, per la somiglianza con Gunther Netzer, sublime fantasista della Nazionale tedesca. Il più gratificante è quello che gli ha regalato padre Antonio Lisandrini, il frate francescano che accompagna la squadra e ha celebrato il suo matrimonio con Cesarina. Lo chiama “il Saggio”, perché Re Cecconi è portatore sano di quella follia che scorre lungo la Lazio anni Settanta come un fiume in piena, ma in più ha conosciuto la vita vera: calzolaio fruttivendolo elettricista, assistente nell'autoofficina di suo cugino, prima di fare il salto nel calcio dei grandi, uno scudetto, due presenze in Nazionale, una convocazione pur senza mai scendere in campo ai Mondiali 1974. La pistola ce l'ha avuta anche lui, s'intende, come quasi tutti in quello spogliatoio in cui si spara un colpo di calibro 38 anche per spegnere la luce senz'alzarsi dal letto. “Alzati tu”. “No, alzati tu”. “Non mi va”. “Aspetta... bum”. “Buonanotte, domani mattina quando ti alzi fai attenzione ai vetri”. Il presidente Lenzini ha un conto aperto con l'hotel per i rimborsi di arredi e lampioni spaccati a colpi di arma da fuoco. Poi una sera Re Cecconi ha fatto finta di averne una in tasca, per fare uno scherzo, forse, non è chiaro, è tutto confuso, anzi non ha proprio senso. L'ultima sera di Luciano Re Cecconi è un pasticciaccio brutto che ha teatro non in via Merulana, come il romanzo di Gadda, ma in via Francesco Saverio Nitti, quartiere Fleming, una zona molto signorile di Roma Nord dove abitano calciatori, politici, giornalisti, funzionari pubblici, imprenditori. La Lazio ci respira le giornate, iniziandole e finendole al Caffé Fiocchetti, prima e dopo gli allenamenti a Tor di Quinto: qualche giorno a preparare il cappuccino ci puoi trovare persino Chinaglia. È lì che è stata scattata una delle foto di culto della Lazio anni Settanta: Chinaglia a capo chino che sta leggendo il giornale, e alle sue spalle una scritta sul muro: “Laziali Bastardi”.